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Talenti. Il coraggio di saper capire una battuta di Marianna Bartolazzi

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Ovvero come la sinistra italiana si prenda troppo sul serio e, cosƬ facendo, perda di vista la realtĆ . In tutti i sensi. La ā€œpropriaā€. E (quindi) quella del Paese. Messaggio alla dirigenza ā€œdiffusaā€, di ā€œbase,ā€ del centrosinistra che usa la rete per confrontarsi: re-impariamo a ridere delle battute. O (presto) non ci sarĆ  piĆ¹ niente da ridere. (Proprio) per noi (di nuovo, in tutti i sensi). Con questo pezzo sulla ā€œsatira politica (non piĆ¹) a senso unicoā€ che ha trovato spazio (ad esempio, da ultimo) sul palco del Festival di Sanremo, comincia la sua collaborazione con il Politico.it Marianna Bartolazzi. Il giornale della politica italiana ĆØ il laboratorio della nostra politica del futuro. E (quindi) il luogo nel quale si confrontano i suoi protagonisti. In particolare quella generazione dei nati dopo il 1980 che, a differenza dei propri ā€œfratelli maggioriā€, non ĆØ (ancora?) stata ā€œcolpitaā€ dalla cooptazione dellā€™attuale classe dirigente autoreferenziale (del centrosinistra e del centrodestra), e ha la freschezza e la libertĆ  necessarie per fare quello che i loro stessi fratelli maggiori non hanno (ancora?) saputo fare: mettere in campo responsabilmente idee e proposte concrete per la costruzione del futuro dellā€™Italia, per la quale proprio la generazione degli ā€œā€™80ā€³ potrebbe giocare il ruolo decisivo. Dopo Giulia Innocenzi e Antonio De Napoli, dopo Dino Amenduni e Riccardo Maraga, per non parlare del nostro direttore e dellā€™intera redazione del giornale composta da (loro) coetanei, il Politico.it apre (spalanca) ulteriormente le porte (e le finestre) per intensificare il proprio impegno per restituire ā€“ al piĆ¹ presto ā€“ allā€™Italia la politica vera, e con essa la possibilitĆ , concreta, di salvare e rifare grande ā€“ in un unico tempo ā€“ questo Paese. di MARIANNA BARTOLAZZI

Nella foto, Luca e Paolo (si) prendono in giro il centrosinistra sul palco del Festival di Sanremo: apriti cielo (in tutti i sensi?)

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di MARIANNA BARTOLAZZI

Il bello di Facebook ĆØ che, una volta capiti i meccanismi, si puĆ² davvero creare e comunicare qualunque cosa. Si ha la possibilitĆ , sulla rete, di mettere i propri accenti, di coniare il proprio profilo, di far risultare senza filtri la propria satira personale.

Non sono tra coloro che pensano si possa ridere di qualunque cosa. Ma della politica, beh, ĆØ obbligatorio.

Per tornare a Facebook, qualche giorno fa un mio amico (virtuale nella rete, reale nella vita) ha postato unĀ“immagine, da lui realizzata, che raffigura la bandiera dellĀ“Italia con al centro il simbolo dellĀ“Eni. Didascalia, ā€œAnche in Libia si celebrano i 150 anni dellĀ“unitĆ  dĀ“Italiaā€.

Ora, tutti noi conosciamo la genesi dellĀ“azienda in questione, il suo spirito popolare e progressista, la spinta storica delle gesta dei suoi fondatori. Ovvio che lĀ“immagine satirica si riferiva alla situazione attuale e, in particolare, alle scelte economiche di miope prospettiva compiuta dallĀ“Italia in questi anni. Mi fermo qui, perchĆ© lĀ“esegesi di un motto o di un disegno satirico ne spoglia di valore ed energia il significato.

Sta di fatto che il cane a sei zampe al centro della bandiera italiana ha scatenato un ā€œputiferio da social networkā€ senza precedenti: tra chi difendeva lĀ“artista e chi lo deplorava nessuno, e sottolineo nessuno, ha pensato di farsi su una leggera risata.

Lo so, non sono tempi facili per risate leggere. Lo abbiamo visto durante la settimana di Sanremo, con la polemica della ā€œsatira da par condicioā€ di Luca e Paolo, condita da espressioni di genuino orrore nei riguardi del tentativo di prendere in giro Saviano e Santoro.

LĀ“abbiamo visto leggendo qua e lĆ  lĀ“esegesi dellĀ“esegesi (perdonate la doverosa ridondanza) dellĀ“inno dĀ“Italia di Roberto Benigni. Troppo favolistico. Vagamente revisionista. Poco completo. Praticamente, il giudizio che si potrebbe dare di una lezione universitaria.

Anche in questo caso: non sono per gli intoccabili o per non affrontare una riflessione profonda sul mondo dello spettacolo nostrano (che sarebbe necessaria da diversi anni).

Non ho potuto non pensare, tuttavia, che forse la sinistra del nostro Paese ĆØ, anche in base ad una lettura di questi recenti episodi, sempre meno padrona del suo tempo. Incapace di governarlo, di capirlo.

Non mi riferisco alle alte sfere, quanto piĆ¹ alla classe dirigente diffusa, politica e non, che scrive sulla rete sempre piĆ¹ spesso per far sentire la propria voce.

Mi si permetta, allora, facendo parte anche io di questa agorĆ  virtuale, di esprimere i miei dubbi. Non sarĆ  forse che, in decenni di berlusconismo, ci siamo a tal punto abituati al ā€œdileggio del potenteā€ (sacrosanto fin dallĀ“antica Grecia), da pretendere sottesamente che la satira divenisse a nostra immagine e somiglianza?

Non sarĆ  che, pur non ammettendolo mai, si sia diffusa tra noi, di pari passo con lĀ“anti-berlusconismo, la credenza che la satira italiana sia, o debba essere, unĀ“appendice della sinistra?

E che quando ciĆ² non avviene, quando cioĆØ i comici allargano il tiro oppure, come nel caso di Benigni, parlano al cuore di un Paese, e non alla sapienza di un gruppo di dottorandi, questo ci spiazza, ci indigna, perchĆ© non riusciamo a contestualizzare la loro libertĆ  nelle NOSTRE categorie di libertĆ ?

A mio avviso, il cuore del Paese ha recepito quel messaggio, ha riso a quelle battute, e se lĀ“abbia fatto per simpatia o per disprezzo dellĀ“oggetto della satira, non ĆØ dato sapere, a meno che non si vada nei luoghi dove il Paese stesso si esprime e ci si parli, col Paese.

No, non ĆØ certo questo il tempo giusto per le risate leggere. Ma permettiamoci tutti, ogni tanto, di sussurrare allĀ“orecchio del nostro vicino che fa le pulci alla piĆ¹ pura delle arti, queste tre, semplici, parole: ā€œā€¦ĆØ una battutaā€¦ā€.

E, se non dovesse sentirci, sarĆ  allora arrivato il momento di urlarlo.

MARIANNA BARTOLAZZI

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